Negli ultimi decenni ci sono stati incredibili miglioramenti nel campo della tecnologia, della chimica e della fermentazione, ma i principi base della produzione della birra sono rimasti invariati fin dalle origini.
La cavitazione può stravolgere i principi fondamentali.
I grani di malto, da cui vengono estratti gli zuccheri fermentabili, grazie alla cavitazione possono essere ridotti a dimensioni inferiori a 100 micron in pochi minuti, saltando completamente la macinazione.
Queste dimensioni ridottissime aumentano non solo la velocità con cui l'amido passerà al mosto (l'acqua zuccherata che viene fatta bollire con il luppolo prima di essere raffreddata e trasformata in birra dal lievito), ma soprattutto ottimizzano il processo al punto che tutto passa l'amido rendendo superfluo il lavaggio finale con acqua di malto per cercare di estrarre le ultime tracce di prezioso amido.
Non va inoltre sottovalutato il fatto che la maggiore velocità ed efficienza consentano anche che la trasformazione in zuccheri più semplici e fermentabili possa avvenire a temperature più basse, e quindi i gas sgradevoli e volatili degassino più rapidamente, denaturando gli enzimi presenti nel mosto e permettendo di amalgamare più facilmente gli aromi del luppolo.
È quindi evidente che il mosto debba bollire per una frazione del tempo precedentemente necessario, riducendo drasticamente tempi e costi di produzione.
Un ulteriore effetto "indesiderato" emerso durante la sperimentazione è stata una drastica riduzione del glutine nel mosto e nella birra prodotti con malto d'orzo al 100%.
Le prove sperimentali indicano la degradazione dei residui di prolina, l'amminoacido responsabile dei problemi di intolleranza e sensibilità al glutine, dovuta al miglioramento dell'assimilazione della prolina da parte dei lieviti.
Considerando che gli attuali sistemi utilizzati per eliminare il glutine alterano principalmente il gusto e la qualità della birra, questo effetto "indesiderato" apre numerosi e interessanti scenari.