Il fracking, o fratturazione idraulica, consiste negli attuali processi di pompaggio dell'acqua nel terreno al fine di aumentarne la resa e creare la pressione necessaria per le tecniche di perforazione orizzontale.
Questa pratica richiede milioni di litri d'acqua: ad esempio, i pozzi di scisto richiedono da 3 a 7 milioni di galloni per pozzo (da 11 a 27 milioni di litri).
Nella stragrande maggioranza dei casi, quest'acqua deve essere trasportata ai pozzi tramite autocisterne: 300 autocisterne possono trasportare fino a 4 milioni di litri d'acqua (circa 1 milione di galloni). Tuttavia, già dopo il primo utilizzo nei pozzi, l'acqua recuperata è altamente corrosiva a causa dell'elevata concentrazione di sale (da 7 a 10 volte superiore a quella dell'acqua di mare), di altre impurità dello scisto e degli additivi utilizzati per una varietà di scopi produttivi dalle compagnie petrolifere.
Oltre una certa soglia, l'acqua non può più essere riutilizzata, aumentando ulteriormente i costi di estrazione del petrolio a causa delle nuove forniture necessarie e dello smaltimento di quella già utilizzata.
Inoltre, le normative ambientali, sempre più restrittive, tendono a porre sempre più problemi allo smaltimento delle acque già sature.
La cavitazione può contribuire a evitare lo smaltimento di queste acque poiché può essere trattata direttamente in loco, rendendole immediatamente idonee al riutilizzo nel processo di fratturazione idraulica.
Questo può significare l'eliminazione delle discariche e una riduzione del 30-50% del consumo di nuova acqua per ogni pozzo.